Spesso ci si fa prendere dall’ansia di riempire di contenuti, di immagini, di informazioni gli “spazi vuoti” di una pagina, senza rendersi conto che lo spazio vuoto è un elemento attivo nella dinamica visiva. La parola stessa “spazio” indica una dimensione, un’area, un “posto” dove lo sguardo riposa.
A volte si può essere indotti a pensare che spazio vuoto sia sinonimo di spazio non utilizzato, sprecato ma, al contrario, si deve fare un uso corretto e ponderato degli spazi per evitare il fenomeno che viene denominato “sovraccarico cognitivo”: è importante bilanciare correttamente elementi visivi e spazio bianco (o negative spaces) perché troppe indicazioni tutte insieme sortiscono l’effetto contrario di quello che ci si propone con l’informazione, creando confusione.
Lo spazio vuoto, o bianco, da equilibrio alla pagina: gli spazi tra le parole o tra le lettere stesse migliorano la leggibilità del testo, lo spazio tra le righe contribuisce a migliorare la fruibilità del contenuto e tra paragrafi si inserisce uno spazio proprio per dare una migliore percezione delle pause del pensiero espresso.
Anche le immagini hanno bisogno di spazio vuoto intorno, bisogna lasciare lo spazio per farle “respirare”, per dare loro una chiara connotazione all’interno del contesto.
La proporzione tra spazi, testi ed immagini può fare la differenza tra una pagina pesante e poco fruibile ed una leggera e chiara nel suo messaggio.
I “negative spaces” non solo servono a migliorare la leggibilità di un testo ma, se opportunamente usati, servono a guidare il fuoco dell’attenzione sul soggetto in questione.
Lo spazio bianco in una pagina è paragonabile alle pause in un brano musicale, sono parte integrante della melodia, non si possono togliere o modificare, ne va dell’integrità dell’armonia.
L’estremizzazione dell’uso dello spazio bianco come strumento di focalizzazione lo si può vedere nella pagina di GOOGLE, essenziale ed efficace allo stesso tempo.